mercoledì 27 novembre 2013

Cos'è davvero la bulimia? Facciamo chiarezza sui disturbi alimentari.

"Nei piaceri dei sensi,
il disgusto confina
con il godimento"
(Francis Bacon)


Perché disturbi molto simili tra loro vengono divisi in così tante diverse categorie? 
La categorizzazione non vuole essere un etichetta diagnostica, ma viene usata come riduttore di complessità. Mi spiego meglio, benché ogni individuo rappresenti un’entità e una personalità unica, la maggior parte dei problemi psicologici (inclusi i disturbi alimentari) sottostà a regole precise che spesso sono uguali per molte persone. Nel corso di anni di ricerche, sono state selezionate caratteristiche specifiche che accomunano la maggior parte dei soggetti sofferenti di un disturbo. La conoscenza dei meccanismi che operano sotto la superficie della patologia, unite alla storia unica del paziente, aiutano il terapeuta nella selezione della strategia più adatta alla risoluzione del suo specifico problema. La terapia breve strategica, parte dal presupposto che solo la soluzione più idonea e calzante, proprio perché funziona, riesce a spiegarci come il problema si evolva e si mantenga. Tenendo conto di questi principi sono stati elaborati diversi profili che descrivono i meccanismi di innesco e mantenimento di vari disturbi alimentari. 


Per l’anoressia, vi rimando all’articolo pubblicato recentemente su questo blog.

Bulimia
Nel senso comune il termine bulimia descrive un soggetto, solitamente femminile, che si abbuffa per poi vomitare tutto ciò che ha ingurgitato. In realtà tale disturbo, è si caratterizzato da un’irrefrenabile compulsione a mangiare, legata non alla fame, ma al desiderio incontrollabile di consumare cibo, ma nel processo non è incluso il vomito. 
La compulsione a consumare cibo è così irrefrenabile che spesso i soggetti riferiscono di spendere ingenti somme di denaro per i rifornimenti alimentari, e in mancanza dei cibi preferiti, arrivano ad ingurgitare, sempre in grandi quantità, qualsiasi cosa commestibile gli capiti sotto mano (intere panette di burro, omogeneizzati, persino la fecola di patate).
Presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo, analizzando numerosi casi, sono stati definiti tre tipi di bulimia che si distinguono per le tentate soluzioni adottate e per le modalità di mantenimento del problema.

Bulimia boteriana: sono soggetti, sia maschi che femmine, che presentano forme tipicamente arrotondate, tanto da assomigliare appunto ai famosi quadri di Botero. Non percepiscono la loro obesità e l’ossessione per il cibo come un problema, e solitamente giungono in terapia in seguito a problemi fisici legati al loro sovrappeso. 

Bulimia carciofo: sono soggetti che ingrassando, e quindi rendendosi esteticamente meno attraenti, si proteggono da problematiche affettivo-relazionali. Si mettono costantemente a dieta ma non riescono nel loro intento. La loro attenzione essendo costantemente centrata sulla bilancia e sulle diete, li tiene lontani dall’affrontare i problemi relazionali. Quindi non vorrebbero essere grassi, ma non avendo risolto i problemi a monte, non riescono a regolarizzare il loro rapporto con il cibo.

Bulimia jo jo: Sono coloro che alternano periodi di dieta, nei quali perdono tantissimi chili, a periodi di abbuffate, nelle quali li riprendono tutti. Seguono quindi un’alternanza di controllo e perdita di controllo. Tali fasi rispecchiano fedelmente il loro stato interiore. Nei periodi di dimagrimento appaiono iperattivi, pieni di se, ricchi di fiducia nel futuro. Nei mesi in cui riprendono il peso perso in precedenza, sono depressi e sfiduciati. Quindi la loro emotività è strettamente legata all’andamento del loro rapporto con il cibo. Combattono costantemente contro la propria sgradevole realtà, vincendo qualche battaglia ma perdendo sempre la guerra.


Vomiting, o sindrome da vomito, o bulimia nervosa
Eccoci giunti a quella che tutti riconoscono come bulimia; abbuffarsi per poi espellere immediatamente tutto ciò che è stato ingurgitato vomitando.
Come molti di voi sapranno, tale meccanismo si instaura inizialmente come deterrente, usato solitamente da giovani ragazze, per dimagrire o tenere sotto controllo il proprio peso. In effetti questa è la ragione da cui si origina solitamente il problema. E‘ invece sorprendente scoprire le modalità in cui esso si mantiene. Tutto è infatti strettamente legato al piacere. Come testualmente riferisce G. Nardone “ una sorta di perversione basata sul piacere di mangiare e vomitare: ossia un vero e proprio rituale erotico, piuttosto che una forma di comportamento alimentare guidato dal bisogno di essere magri”.                              
Quindi inizialmente nasce come forma di controllo alimentare, per divenire poi una gabbia in cui mangiare e vomitare rappresenta il godimento più sublime, in cui tutti gli altri piaceri non trovano più posto.
Il nesso con il rituale erotico è molto calzante, analizzando infatti la sequenza messa in atto dai bulimici nervosi, si ha una prima fase di fantasia appetitiva, per poi passare alla consumazione e in fine la scarica. 
Sulla base delle modalità nelle quali i soggetti “vomitatori” percepiscono il proprio disturbo, ne sono state identificate tre tipologie.

Trasgressivi inconsapevoli: sono coloro che sono giunti ad essere schiavi del piacere di mangiare e vomitare senza essersi resi conto del nesso di perversione erotica. Solitamente hanno una bassa resistenza al cambiamento, nel senso che basta svelare tale analogia per rendere eticamente inaccettabile i comportamenti disfunzionali messi in atto abbuffandosi e poi vomitando.

Trasgressivi consapevoli e compiaciuti: Come si evince chiaramente dalla dicitura, tali soggetti sono pienamente consapevoli di tutto ciò che sta dietro al proprio disturbo. Il rituale di abbuffata e vomito è percepito come l’amante segreto che porta costantemente un piacere che deve essere mantenuto. Come immaginate, hanno un alta resistenza al cambiamento terapeutico, e tutto ciò che ostacola il loro rapporto con il proprio “amante”, fonte di un piacere così grande e insostituibile,  dev’essere combattuto.

Trasgressivi consapevoli ma pentiti: Sono persone pienamente consapevoli del proprio disturbo. Ne danno una descrizione analoga alla precedente tipologia, se non per il fatto che si rendono conto che il piacere sublime di abbuffarsi per poi vomitare, li stia privando di tutti gli altri piaceri della vita, per questo sono disposti a qualunque cosa pur di liberarsene.

binge-eating
Chi soffre di questo disturbo alimentare, alterna smodate abbuffate a periodi prolungati di digiuno. Sembra molto simile alla bulimia jo jo, ma in realtà il problema è ben diverso. Lo jo jo  alterna periodi in cui mangia in modo abbondante a periodi di alimentazione sana ed equilibrata. Il binge-eating invece da libero sfogo ad incredibili abbuffate (come nella bulimia nervosa, ma senza vomito), poi, per rimediare alla perdita di controllo, passa al digiuno completo, almeno fino a quando la privazione assoluta fa crescere uno smodato desiderio di cibo, innescando il circolo vizioso di abbuffate e digiuni. Questo sistema seguendo la strana logica per la quale “se te lo concedi puoi rinunciare, se non te lo concedi diventa irrinunciabile”. I soggetti, spesso single, di successo sociale e professionale, sono ben consapevoli del proprio problema e il piacere sta proprio nel costruire al meglio l’abbuffata perfetta che viene sempre consumata segretamente. Il problema è che tutta la loro stabilità personale ruota intorno al controllo alimentare. Quando per ragioni esterne, il labile equilibrio vacilla, la perdita di controllo trascina con se tutti i contesti di vita dell’individuo.


Ortoressia e fissazioni fobico-alimentari
Rientrano in questa categoria tutti i disturbi apparentemente legati al cibo, ma in realtà afferenti all’area fobica. Sono quei soggetti che hanno paura che l’ingestione di un certo tipo di cibo possa essere causa di malattie o portare ad eventi catastrofici. Temono ad esempio le contaminazioni chimiche, le mutazioni genetiche, che un cibo troppo duro li possa soffocare ecc... In letteratura si trovano diverse teorie che cerchino di comprendere la genesi e il sistema di mantenimento in particolare dell’ortoressia. 
Secondo S. Bratman, l’ortoressico cade in un circolo vizioso nel quale, sentendosi insoddisfatto, cerca di ristabilire il proprio senso di resilienza mettendo in atto regole rigide. Non rispettarle comporta un forte senso di colpa che a sua volta va ad inasprire ulteriormente le regole stesse, in particolare alimentari. Trovando un risvolto positivo in quegli aspetti della vita in cui seguire le regole apporta ottimi risultati (regime alimentare, lavoro, sport, studio), arrivano a tralasciare quasi totalmente la propria sfera privata, personale e affettiva. 
In ogni caso, ogni autore che ha cercato di spiegare l’ortoressia, ha sempre messo in relazione la sua genesi e mantenimento al desiderio dell’individuo di dimagrire o alla paura di ingrassare. 
G. Nardone invece, sempre seguendo la logica per la quale è la soluzione a spiegare il problema, ha suggerito che, l’unica spinta a mantenere un regime alimentare così  rigido, e in particolare verso gli alimenti ritenuti pericolosi, sia dettata da un disturbo fobico centrato sul cibo, e in particolare sulla paura che certe sostanze possano essere dannose. Mettendo in atto le manovre tipiche, solitamente adottate per la risoluzione di problemi legati appunto all’area fobica, è giunto a dissolvere completamente le fissazioni per il cibo, e in seguito a questo i pazienti non hanno più mostrato processi rigidi di pensiero legati alla forma fisica o al desiderio di dimagrire. Visti in questa prospettiva  risultano di più facile comprensione gli evitamenti messi in atto da alcuni individui nei confronti di cibi ritenuti causa di infarto o cancro, o la loro ossessione per l’utilizzo di quelli che invece (ricchi di antiossidanti ecc...) sembrano prevenire certe malattie, oppure coloro che sterilizzano ogni alimento per paura che possa essere veicolo di contagi. Tra l’altro le tentate soluzioni adottate da chi soffre di questo disturbo sono le medesime messe in atto dai fobici: tendenza all’evitamento dell’oggetto ritenuto pericoloso, e tentativo di controllo delle situazioni che potrebbero essere pericolose.

La Terapia Breve strategica risulta molto efficace nel trattamento dei disturbi dell'alimentazione, attestando la percentuale di risoluzione completa del problema nell'83% dei casi trattati.

Bibliografia

G. Nardone , Al di là dell'amore e dell'odio per il cibo. Guarire rapidamente dalle patologie alimentari, Bur, 2003.

Bratman, D. Knight, Health food junkies, Broadway Books, New York, 2000.

G. Nardone, Solcare il mare all’insaputa del cielo, Milano, Ponte alle Grazie, 2008.

G. Nardone, Cavalcare la propria tigre, Ponte alle Grazie, 2003.

Sitografia immagine


http://www.wikipaintings.org/en/fernando-botero/bather-on-the-beach







Dr. Patrick Bini

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