giovedì 13 novembre 2014

Come scegliere? Indecisione e dubbio patologico.

Le decisioni giuste nascono dall’esperienza,
il problema è che  l'esperienza 
viene dalle decisioni sbagliate.
Anonimo


Ognuno di noi percorrendo la propria vita si trova costantemente costretto ad operare una scelta.
Devo cambiare automobile, scelgo una tedesca o un’italiana? Stasera andiamo a mangiare al giapponese o in pizzeria? Devo prendere un cane, meglio un bastardino salvato dal canile o un cane di razza?
Naturalmente questi sono esempi che toccano argomenti futili, che non vanno ad incidere in modo significativo nella nostra vita. Spesso e volentieri però le scelte che dobbiamo fare hanno un valore molto più alto perché vanno a toccare non solo noi stessi ma anche gli altri. O magari una scelta invece che un altra mi preclude l’opportunità di poter tornare sui miei passi. 
Intraprendo una nuova vita con la mia amante che mi travolge di passione o continuo a stare con mia moglie e i miei figli che mi danno affetto incondizionato ma mi precludono la possibilità di vivere a pieno certe emozioni così forti?
Mantengo questo lavoro che non mi piace ma mi assicura un buono stipendio sicuro a fine mese o scelgo di inseguire i miei sogni buttandomi in un progetto i cui risultati sono incerti ma che mi farebbe sentire realizzato?
Questi  esempi evidenziano chiaramente come la nostra vita sia costellata di incroci a volte importanti, e come le nostre scelte nel seguire l’una o l’altra strada portino poi a risultati estremamente diversi. 
Pensate solo se quella sera in cui avete conosciuto vostra moglie foste andati in un locale invece che nell’altro. Tutta la vostra vita sarebbe cambiata sotto ogni aspetto.
Quindi anche delle decisioni futili, come la scelta di un locale per passare il sabato sera, possono produrre effetti a lungo termine imprevedibili.
Il sistema sociale in cui viviamo ci insegna che è bene operare come la formica (nella famosa favola di Esopo la cicala e la formica) , quindi meglio essere previdenti e pensare al futuro invece che bruciare tutte le proprie possibilità nel presente. In termini generali concordo con questa visione, nel senso che è consigliabile seguire delle linee che ci guidino nella costruzione del futuro che desideriamo per noi. Ma dobbiamo tenere sempre conto di ciò che abbiamo adesso, e dell’imprevedibilità che ci presenta il futuro. 
E se in seguito a delle forti piogge autunnali la tana delle formichine piene di provviste venissero portate via dalla forza delle acque? Chi sarebbe stato più saggio? La formica che ha lavorato tutta l’estate e adesso non ha più nulla o la cicala che invece la stava beatamente a guardare cantando spensierata su un ramo? Quindi meglio vivere nella certezza di ciò che ho di sicuro, cioè le possibilità nel presente, o sacrificarsi adesso per avere più forze dopo? La nostra linearità di pensiero ci porta a considerare sempre un percorso in cui il futuro dovrebbe corrispondere alle nostre aspettative, ma non è sempre così. 
Vi faccio un esempio un po’ estremo: “ impiego tutte le mie risorse per assicurare un buon futuro a mio figlio magari migliore del mio.  Per dargli tutto (la possibilità di continuare gli studi, il telefonino, il motorino, i vestiti alla moda ecc..) devo lavorare 10 ore al giorno e anche se al momento non passo molto tempo con lui, i miei sforzi lo aiuteranno ad avere più possibilità in futuro”.
Nulla di sbagliato direte voi, quale genitore non si prodigherebbe per assicurare un'avvenire migliore ai propri figli? Ciò che in questo ragionamento non viene considerato è che certo nella maggior parte dei casi un figlio sopravvive ai genitori, ma non è sempre così. Purtroppo gli incedenti, le malattie, capitano, e quando ciò accade il genitore si ritrova magari un bel gruzzoletto da parte per l’università del figlio, ma che ormai non ha più senso. Per cumulare quei beni ha tolto del tempo agli istanti che poteva dedicargli e ormai non può più recuperare. 
Quindi, meglio vivere il presente o pianificare il futuro?
Purtroppo non ho la risposta a questa domanda. Direi che la soluzione ottimale sarebbe pianificare il futuro senza togliere nulla al presente e aggiustare il tiro man mano che proseguo nel mio percorso. Vivere il proprio presente facendo conciliare doveri e desideri, che dovrebbero rappresentare i precursori del futuro che ci auspichiamo.
Vorrete scusarmi se vi ho portato a fare riflessioni un pò cupe, ma smuovere certe sensazioni così forti era necessario per farvi comprendere come sia lecito e spesso inevitabile per noi uomini cadere vittima del dubbio e come certi problemi non abbiamo una vera e propria soluzione. Semplicemente tendiamo a vivere la nostra vita rispecchiando il nostro modo di essere e di fare. Spesso e volentieri la presa di decisione avviene in modo inconsapevole sempre rispecchiando noi stessi. Ci sono persone più portate a fare le cicale, altre a fare le formiche e nessuno può giudicare quale modo di fare sia il migliore. 

Il dubbio patologico

C’è però un terzo modo di fare, che può portare anche all’instaurarsi di una vera e propria psicopatologia detta dubbio patologico. 
Chi soffre di questo problema rimane ingabbiato nella scelta, letteralmente si blocca perché tra le varie possibilità non riesce a trovare la soluzione migliore. Come abbiamo visto infatti, il futuro, proprio perché sotto molti aspetti imprevedibile, non ci da la certezza che il nostro modo di fare produca gli effetti che desideriamo. Ed è proprio qui che queste persone si irrigidiscono. Non riescono ad accettare i rischi o i vantaggi che possano comportare il fare una scelta rispetto ad un’altra, ed ecco che rimangono fermi all’incrocio nell’impossibilità di scegliere una strada.
Chi soffre di dubbio patologico, nel tentativo di controllare tutte le possibili conseguenze della propria scelta, si perde nei propri pensieri.
Come si può infatti prevedere ciò che prevedibile non è? Ed ecco che cercando di dare risposte logiche a domande illogiche si chiudono in un gap in cui una domanda fa nascere una risposta che però fa nascere una nuova domanda che ha bisogno di una risposta… 
Chi cade in questa trappola rimane paradossalmente invischiato in un circolo vizioso in cui le domande si appropriano ossessivamente della volontà di poterle pensare. Quindi la domanda si accende spontaneamente, fuori dalla possibilità di poterla controllare coscientemente, ed ecco che il povero malcapitato si ritrova a spendere le proprie giornate a rimuginare sempre sulle stesse questioni senza mai riuscire a trovare la soluzione più idonea.
Ciò che in realtà genera questo cortocircuito è la domanda stessa perché non ha una risposta logica come l’individuo pretenderebbe. 
Quando la domanda è paradossale come posso pretendere di dare una risposta razionale? 
Vi propongo uno dei paradossi più famosi per farvi comprendere come la formulazione stessa di un enunciato possa rendere la risposta impossibile da trovare.
Secondo voi è possibile chiedere a Dio onnipotente di creare una pietra così grande che nemmeno lui possa sollevare? 
Naturalmente non c’è soluzione, più ci riflettiamo e più veniamo risucchiati nel vortice del paradosso. Questo è ciò che accade a chi si perde nel dubbio patologico, con la differenza che la domanda che si pone sembra razionale e pretende una presa di decisione. 
Sono innamorato della mia fidanzata? Se me lo domando forze non lo sono poi così tanto? Ma allora meglio lasciarla o rimanerci insieme? Ma se la lascio riuscirò poi a trovarne un altra? Ma poi l’altra sarà meglio o peggio di quella che ho?  Ecc… 
Chi soffre di questo disturbo può rimanere giornate intere a rimuginare sempre sugli stessi argomenti, e proprio perché le domande che si pone non hanno senso non riusciranno mai a trovare una soluzione. 
A tal proposito Kant scrisse: “ non esistono risposte corrette a domande scorrette”.

Tentate soluzioni disfunzionali più utilizzate

Cercare di non pensarci

La modalità ossessiva con la quale le domande si appropriano della possibilità di poterle pensare rende questo disturbo alquanto fastidioso e invalidante. Le domande possono accendersi in qualsiasi momento, e in assenza di armi adeguate per contrastarle, l’individuo si trova costretto a dargli adito. Proprio per non sottostare per ore ed ore a certe costrizioni, alcuni cercano di non pensarci. Ma visto che cercare di non pensare è di per se pensare la strategia non porta ai risultati voluti ansi tutto il contrario. I pensieri intrusivi lo assaliranno ancora di più stringendolo in un gap in cui le domande divengono addirittura pericolose. Pericolo dettato dall’ansia che li assale nel momento in cui decidono di non assecondarle. Questa sensazione spesso e volentieri li accompagna per tutta la giornata abbassando notevolmente la qualità di vita. 
Meglio rimanere per giornate intere ostaggi del dubbio o non assecondarlo  rimanendo vittime dell’ansia?

Cercare di dare risposte razionali

Proprio per non incorrere nella punizione (l’ansia) che comporta l’ignorare le domande che si accendono automaticamente, una delle tentate soluzioni disfunzionali più utilizzate da chi soffre di dubbio patologico è il continuare a rispondere alle domande. Naturalmente come abbiamo osservato sopra non riescono mai a trovare la soluzione migliore al problema che quindi continua ad autoalimentarsi.

Richiesta di conferme

Chi si porta dietro questo disturbo da tempo finisce per perdere la fiducia nelle proprie capacità decisionali, letteralmente non si sente più in grado di scegliere. Quindi si trova costretto a chiedere aiuto alle persone care di cui si fidano. Questo modo di fare però produce effetti ancora più devastanti. Prima di tutto delegando le decisioni agli altri mi renderò sempre più incapace perché mi fiderò sempre meno delle mie capacità decisionali, inoltre le proposte provenienti dall’esterno non andranno che ad aumentare i miei dubbi proprio perché mi propongono punti di vista alternativi che sarò costretto ad analizzare. Quindi non risponderanno alle domande che mi pongo ma le aumenteranno.

Avere dei dubbi sulla decisione da prendere non è prerogativa solo della nostra società “moderna”. Già da tempo infatti è risaputo che non esiste una scelta perfetta, non è possibile avere tutto, ma è necessario scegliere tenendo conto delle proprie priorità. 
Ad esempio per sottolineare tale aspetto in Cina si suol dire ““dōng shí xī sù” cioè “Mangiare a Est e dormire a Ovest”.

Nel regno di Qi viveva una ragazza che, raggiunta l’età del matrimonio, iniziò a ricevere la visita dei pretendenti alla sua mano. Un giorno, nello stesso momento vennero due famiglie a chiedere la ragazza in sposa per i rispettivi figli. Il giovane della famiglia che viveva a Est era decisamente brutto ma molto ricco; al contrario, il giovane della famiglia dell’Ovest era venuto su proprio un bel ragazzo, ma purtroppo era anche molto povero. La cosa mise in grande difficoltà i genitori della ragazza, che pensarono a lungo alla faccenda ma non riuscirono a prendere una decisione. Così, chiamarono la figlia per porre direttamente a lei il problema e sapere la sua opinione su chi dei due ragazzi preferisse come marito.
La giovane ascoltò attentamente le parola dei genitori e, vergognandosi di rispondere, restò a lungo in silenzio. I genitori pensarono che in questo genere di situazione la loro figlia non avrebbe aperto bocca e perciò le dissero: «Se ti vergogni di parlare, non c’è bisogno che tu dica niente. Basterà che tu alzi il braccio in una delle due direzioni, verso Est o verso Ovest, e così noi capiremo quale dei ragazzi hai scelto di sposare.»
La ragazza rimase a lungo esitante ma alla fine alzò il braccio sinistro e i genitori pensarono che avesse scelto la famiglia dell’Est, ma subito dopo la figlia alzò anche il braccio destro.
Il padre e la madre la guardarono stupiti e le chiesero: «E allora? Vuoi sposare entrambi i ragazzi?»
«No,» rispose la giovane a bassa voce, «io vorrei mangiare nella casa dell’Est e andare a dormire in quella dell’Ovest.»

La Terapia Breve strategica risulta molto efficace nel trattamento del dubbio patologico, attestando la percentuale di risoluzione completa del problema nell'82% dei casi trattati.

Bibliografia

G. Nardone, Solcare il mare all’insaputa del cielo, Milano, Ponte alle Grazie, 2008.

Sitografia

http://storiedierbetta.wordpress.com/2010/11/19/东食西宿-la-sposa-indecisa/




Dr. Patrick Bini

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