giovedì 31 marzo 2016

Autostima. Cos’è, come si costruisce, come aumentarla.

Il compito principale nella vita di ognuno
 è dare alla luce se stesso.
(Erich Fromm)

Uno dei problemi che mi trovo più spesso ad affrontare in ambito clinico, è relativo all’argomento di cui voglio parlarvi oggi, l’autostima.
Cosa è? Uno dei primi autori ad analizzare tale aspetto è William James nei primi anni del 1900. Nella sua prospettiva l’autostima scaturisce dal rapporto tra sé percepito e sé ideale. 
Il sé percepito rappresenta l’idea che ho di me stesso rispetto alla mia abilità nel superare le avversità e raggiungere i miei obiettivi.
Il sé ideale corrisponde invece alle aspettative che ripongo per il futuro che desidero, per il raggiungimento dei miei obiettivi personali.
Detto in altri termini, è la misura che ognuno di noi attribuisce a se stesso, rispetto alle proprie capacità di far fronte ad un evento o un problema o nel raggiungimento di un obiettivo. Per intendersi, chi ha un'alta autostima tende a percepirsi come in grado di accettare ed affrontare qualsiasi sfida la vita gli metta davanti. Non si abbatte di fronte ad una sconfitta, ma fa tesoro di ciò che ha imparato perché conoscere i propri limiti rappresenta il primo passo per migliorarsi e superarli. 


In cosa si traduce invece una bassa autostima? 
Nel credere di non essere in grado di affrontare gli ostacoli che ci troviamo a vivere.
Questa modalità percettiva, va ad innescare tutta una serie di ripercussioni che impediranno all’individuo di raggiungere gli obiettivi che si è prefisso, proprio perché non sentendosi in grado di raggiungerli, nemmeno ci proverà, divenendo egli stesso artefice dei propri fallimenti. 
Non sentendosi all’altezza quindi metterà in atto una serie di evitamenti rispetto alle situazioni in cui potrebbe non farcela. D’altronde a chi piace subire una sconfitta. Ed ecco che per mettersi al riparo dal fallimento finisce per fallire realmente, e oltretutto senza neppure essersi messo alla prova. 
Di fronte alle avversità possiamo infatti reagire in due modi, affrontando o scappando. Certo affrontare non è sempre facile, dopotutto c’è il rischio di fallire. Non consideriamo però che dal momento in cui non affronto un evento decido spontaneamente di arrendermi e per tanto ne uscirò sicuramente sconfitto, perdo la battaglia senza neppure combatterla. E in questo caso la sconfitta vale doppio perché da solo ho deciso di non essere all’altezza, e adottando questa posizione non faccio altro che rendere l’ostacolo ancora più alto e pericoloso, confermando a me stesso di non avere le capacità per riuscire. Quando nuovamente dovrò affrontarlo, anche se sarò più pronto e preparato, sarà più difficile da superare proprio perché io stesso gli ho attribuito un alto valore di pericolosità, confermato dalla precedente sconfitta. Continuando con questo trend posso addirittura arrivare a costruire una vera e propria psicopatologia come l’ansia generalizzata, le fobie specifiche, il panico o la depressione.

Ma allora come si costruisce l’autostima? Mettendosi alla prova, affrontando le difficoltà della vita, cadendo e rialzandosi con le proprie forze.
Quando qualcuno si sostituisce a noi nella risoluzione di una criticità, non fa altro che minare la nostra autostima. Dopotutto quando chiediamo sostegno, la persona che ci aiuta ci trasmette un doppio messaggio. Da una parte ci dice, ti aiuto perché ti voglio bene, dall’altra ci sta comunicando; ti aiuto perché da solo non sei in grado di farcela. E vi assicuro che questo messaggio passa e come, anche se al momento in modo velato. E’ un errore che viene commesso molto spesso.
Per fare un esempio, tale modalità viene adottata dai genitori iperprotettivi che cercano di mettere al riparo il proprio figlio dai “mali” della vita. Si sostituiscono a lui in ogni attività, risolvono i suoi problemi, evitano che subisca fallimenti e frustrazioni. Come se fallire fosse dannoso e pericoloso. Non considerano che stanno crescendo un figlio incapace di affrontare le avversità che la vita inesorabilmente gli metterà davanti. D’altronde prima o poi qualunque bambino diventa grande e dovrà confrontarsi da solo con le proprie criticità. Quando ciò accadrà non sarà pronto, proprio perché non addestrato a risolvere i propri problemi. Essendo impreparato alla sofferenza le risposte psichiche e comportamentali non potranno che essere di richiesta d’aiuto, di disagio, di rinuncia o di fuga. 
In realtà è proprio riuscire a superare con le proprie forze i fallimenti e le frustrazioni della vita che ci rende più forti. Dopotutto come si suol dire, “ciò che non uccide fortifica”… 
E proprio questo accade nella nostra mente. Certo a nessuno piace fallire, ma non è sicuramente preservandomi dal fallimento che renderò la mia vita più felice, anzi, evitando perderò molte opportunità.
Quando fallisco se riesco a rialzarmi e rimettermi in carreggiata con le mie sole forze, avrò la prova di essere in grado di subire gli urti, mi sentirò in grado di vincere di fronte a sfide sempre più ardue e difficili. II pensiero tenderà a divenire: “ bè, se ce l’ho fatta in quella situazione probabilmente posso farcela anche in questa”. Al contrario coloro che scappano di fronte ai loro demoni, non faranno che renderli sempre più pericolosi. Il loro autoinganno sarà: “sono troppo forti per me, se li affronto perderò sicuramente, quindi tanto vale non affrontarli”.
Da qui possono scaturire le varie psicopatologie di cui parlavo sopra. La rinuncia ad affrontare e la richiesta d’aiuto sono ad esempio componenti fondamentali del disturbo depressivo. L’evitamento
dell’oggetto pauroso è tipico dei disturbi d’ansia o delle fobie specifiche. Insomma i casi possono essere innumerevoli, ma tutto solitamente prende il via da una modalità d’approccio sbagliata nei confronti della vita, che se reiterata nel tempo può concretizzarsi in una patologia.

Quindi, ribadisco, per costruire la propria autostima è necessario affrontare, cadere e risollevarsi con le proprie forze.
Dopotutto se ci pensiamo bene è il destino di ogni persona di successo. Per ogni guerra vinta ha dovuto combattere decine di battaglie, perdendone la maggior parte. Ma alla fine ciò che rimane è una persona forte, che sa affrontare le proprie sfide che non si lascia scoraggiare, e con perseveranza riesce a perseguire i propri obiettivi, anche se il percorso per raggiungerli è ricco di asperità. Questa è una delle qualità imprescindibili al successo. Chi si abbatte alle minime difficoltà non potrà mai guidare, ma solo essere guidato.
Pensiamo ad Edison, indubbiamente un uomo di successo, che ha costruito le basi di molte tecnologie che oggi tutti utilizziamo. Certo non era una persona comune, lo dimostrano le centinaia di invenzioni che ha prodotto. Ma sarebbe errato pensare che il suo successo abbia sempre e solo avuto un trend positivo. Come dicevamo sopra, per ogni successo ha subito moltissime sconfitte. Quando ad esempio ha inventato la lampadina, prima di arrivare alla versione funzionante, ha tentato migliaia e migliaia di combinazioni differenti. Se avesse mollato al primo tentativo arrendendosi, o peggio, se non si fosse messo in gioco, non sarebbe divenuto lo scienziato che oggi noi tutti ammiriamo. 
Lo stesso nel nostro piccolo lo viviamo quotidianamente. Ogni volta che evitiamo un esame, la persona che ci spaventa, un discorso in pubblico, di alzare la mano in aula, un viaggio in auto, una cena con gli amici… Insomma le situazioni sono innumerevoli, e sono sicuro che ciascuno di voi lettori, analizzando bene la propria situazione, può trovare situazioni che cerca di evitare per paura di uscirne sconfitto, o se la patologia si è già insinuata per evitare l’ansia che porta il dover affrontare una situazione che ritiene rischiosa.

Non siete però destinati a vivere una vita di fughe, rinunce e sofferenze. La strada non è a senso unico. Iniziando ad agire nella giusta prospettiva è possibile cambiare questa tendenza comportamentale e percettiva. E’ necessaria volontà a migliorarsi e l’utilizzo dei giusti strumenti e stratagemmi per vincere la naturale tendenza di resistenza al cambiamento, iniziando ad affrontare e non solo subire.
Se orientati nella giusta direzione, percorrendo il proprio cammino, è possibile giungere alla meta…





Sitografia immagini: http://www.archiviostoricofuturistisiciliani.it/vittorio-corona/

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